Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/391

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CANTO VENTESIMOSETTIMO 357

 [102]
Son cinque cauallier c’han fiſſo il chiodo
     D’eſſere i primi a terminar ſua lite:
     L’una ne l’altra auiluppata in modo
     Che non l’haurebbe Apolline eſpedite:
     Cornicia ilRe Agramate aſciorre il nodo
     De le prime tenzon c’haueua vdite:
     Che per la ſiglia del Re Stordilano
     Era tra il Re di Scythia e il ſuo Africăo.

 [103]
Il Re Agramăte andò per porre accordo
     Di qua e di la piu volte a qſto e a qllo:
     E a queſto e a quel piú volte die ricordo
     Da Signor giuſto e da fedel fratello:
     E quando parimente troua ſordo
     l’un come l’altro indomito e rubello:
     Di volere eſſer quel che reſti ſenza
     La donna, da cui vien lor differenza.

 [104]
S’ appiglia al ſin come a miglior partito:
     Di che amendui ſi contentar gli amanti:
     Che de la bella donna ſia marito
     l’uno de duo quel che vuole eſſa inanti:
     E da quanto per lei ſia ſtabilito
     Piú non ſi poſſa andar dietro ne auanti
     All’uno e all’altro piace il compromeſſo
     Sperando ch’eſſer debbia a fauor d’eſſo.

 [105]
Il Re di Sarza che gran tempo prima
     Di Mandricardo: amaua Doralice
     Et ella l’hauea poſto in ſu la cima
     D’ogni fauor, ch’a Donna caſta lice,
     Che debba in vtil ſuo venire eſtima
     La gran ſententia che’l può far felice,
     Ne egli hauea queſta credenza ſolo
     Ma con lui tutto il Barbareſco ſtuolo.


 [106]
Ognun ſapea ciò ch’egli hauea giá fatto
Per eſſa in gioſtre, i torniamĕti, in guerra
E che ſtia Mandricardo a queſto patto
Dicono tutti che vaneggia & erra:
Ma quel che piú ſiate e piú di piatto
Con lei ſu, mentre il Sol ſtaua ſotterra
E ſapea quanto hauea di certo in mano
Ridea del popular giudicio vano.

 [107]
Poi lor conuention ratificaro
     In man del Re quei duo prochi famoſi,
     Et indi alla Donzella ſé n’andaro
     Et ella abbaſſo gli occhi vergognoſi,
     E diſſe, che piú il Tartaro hauea caro:
     Di che tutti reſtar marauiglioſi,
     Rodomonte ſi attonito e ſmarrito
     Che di leuar non era il viſo ardito.

 [108]
Ma poi che l’ufata ira caccio quella
     Vergogna, che glihauea la faccia tinta,
     Ingiuſta e falſa la ſententia appella.
     E la ſpada impugnando ch’egli ha cinta
     Dice: vdendo il Re e glialtri: che vuol ch’ella
     Gli dia pduta qſta cauſa o vinta
     E non l’arbitrio di femina lieue
     Che ſemp inchina a ql che me far deue.

 [109]
Di nuouo Mandricardo era riſorto
     Dicendo, vada pur come ti pare,
     Si che prima che’l legnoentraſſe in porto
     ;' era a ſolcare vn gran ſpatio di mare,
     Se no che’l Re Agramante diede torto
     A Rodomonte, che non può chiamare
     Piú Mandricardo per quella querela,
     E ſé cadere a quel furor la vela.