Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/412

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 [24]
Io voglio a far il faggio eſſer la prima
     Del felice liquor di virtú pieno,
     Accio tu ſorſè non faceſſi ſtima
     Che ci foſſe mortiſero veneno,
     Di queſto bagnerommi da la cima
     Del capo giú pel collo e per lo ſeno:
     Tu poi tua ſorza i me pua e tua ſpada
     Se queſto habbia vigor, ſé quella rada.

 [25]
Bagnoſſi come diſſe, e lieta porſe
     All’incauto Pagano il collo ignudo:
     Incauto, e vinto ancho dal vino ſorſè
     Incontra a cui no vale elmo ne ſcudo:
     Quel huom beſtial le pſto fede e ſcorſe
     Si con la mano, e ſi col ferro crudo,
     Che del bel capo giá d’Amore albergo
     Fé tróco rimaere il petto e il tergo.

 [26]
Quel ſé tre balzi e ſunne vdita chiara
     Voce, ch’uſcendo nomino Zerbino,
     Per cui ſeguire ella trouo ſi rara
     Via di ſuggir di ma del Saracino:
     Alma e’ haueſti piú la fede cara
     E’l nome quaſi ignoto e peregrino
     Al tempo noſtro de la caſtitade,
     Che la tua vita e la tua verde etade.

 [27]
Vattene in pace alma beata e bella,
     Coſi i miei verſi haueſſon ſorza, come
     Ben ni’ affaticherei con tutta quella
     Arte, che tanto il parlar orna, e come,
     Perche mille e mill’anni e piú, nouella
     Sentiſſe il mondo del tuo chiaro nome,
     Vattene in pace alla ſuperna fede
     E laſcia all’altre eſempio di tua fede.

 [28]
All’atto incomparabile e ſtupendo
     Dal cielo il Creator giú gliocchi volſe,
     E diſſe, piú di quella ti commendo
     La cui morte a Tarquinio il regno tolſe,
     E per queſto vna legge fare intendo
     Tra quelle mie, che mai tépo no ſciolſe:
     Laqual per le inuiolabil’acque giuro
     Che non muterá ſeculo ſuturo.

 [29]
Per l’auuenir vo che ciaſcuna e’ haggia
     Il nome tuo, ſia di ſublime ingegno,
     E ſia bella, gentil, corteſe, e ſaggia,
     E di vera honeſtade arriui al ſegno,
     Onde materia a gli ſcrittori caggia
     Di celebrare il nome inclyto e degno
     Tal che Parnaſſo, Pindo, & Helicone
     Sempre iſſabella, Iſſabella riſuone.

 [30]
Dio coſi diſſe, e ſé ſerena intorno
     l’aria, e traquillo il mar piú ch mai ſuſſe,
     Fé l’alma caſta al terzo ciel ritorno
     E in braccio al ſuo Zerbin ſi riconduſſe:
     Rimaſe in terra con vergogna e ſcorno
     Quel ſier ſenza pietá nuouo Breuffe,
     Ch poi che’l troppo vino hebbe digeſto
     Biaſmo il ſuo errore, e ne reſto funeſto.

 [31]
Placare o in parte ſatisfar penſoſſe
     A l’anima beata d’ iſſabella:
     Se poi ch’a morte il corpo le percoſſe
     Deſſe almen vita alla memoria d’ella:
     Trouo per mezo, accio che coſi foſſe,
     Di conuertirle quella chieſa, quella
     Doue habitaua, e doue ella ſu vcciſa
     In vn ſepolchro, e vi diro in che guiſa.