Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/436

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 [44]
Ma la ſpacia ne ſu torto leuata
     Dal ſigliuol d’Agricane il di medeſmo:
     Tu poi conſiderar quanto ſia (tata
     Gran perdita alla gente del batteſmo,
     l’eſſere vn’ altra volta ritornata
     Durindana in poter del paganeſmo,
     Ne Brigliadoro men ch’erraua ſciolto
     Intorno all’arme, ſu dal Pagan tolto.

 [45]
Son pochi di ch’Orlando correr vidi
     Senza vergogna, e ſenza ſenno, ignudo:
     Con vrli ſpauenteuoli e con gridi:
     Ch’ e fatto pazzo in ſomma ti cóchiudo:
     E nò haurei ſuor ch’a queſti occhi ſidi
     Creduto mai ſi acerbo caſo e crudo:
     Poi narro che lo vide giú dal ponte
     Abbracciato cader con Rodomonte.

 [46]
A qualunque io non creda eſſer nimico
     D’Orlando (ſoggiungea) di ciò fauello,
     Accio ch’alcun, di tanti a ch’io lo dico:
     Moſſo a pietá de! caſo ſtrano e fello:
     Cerchi o a Parigi o in altro luogo amico
     Ridurlo, ſin che ſi purghi il ceruello
     Ben ſo ſé Brandimarte n’ haura nuoua
     Sara per farne ogni poſſibil proua.

 [47]
Era cortei la bella Fiordiligi
     Piú cara a Brandimarte che ſé ſteffo:
     Laqual per lui trouar, venia a Parigi:
     E de la ſpada ella ſuggiunſe appreſſo,
     Che diſcordia e conteſa e gran litigi
     Tra il Sericao e’l Tartaro hauea meſſo:
     E c’hauuta l’hauea poi che ſu caffo
     Di vita Mandricardo, al ſin Gradaſſo.

 [48]
Di coſi ſtrano e miſero accidente
     Rinaldo ſenza ſin ſi lagna e duole:
     Ne il core intenerir men ſé ne ſente
     Che ſoglia Itenerirſi il ghiaccio al Sole:
     E con diſpoſta & immutabil mente
     Chiunque Orlando ſia cercar lo vuole,
     Con ſpeme, poi che ritrouato l’habbia
     Di farlo riſanar di quella rabbia.

 [49]
Ma giá lo ſtuolo hauendo fatto vnire
     Sia volontá del cielo, o ſia auentura:
     Vuol fare i Saracin prima ſuggire
     E liberar le Parigine mura,
     Ma conſiglia l’affalto differire
     (Che vi par gra vataggio) a notte ſcura
     Ne la terza vigilia o ne la quarta
     C haura l’acqua di lethe il Sono ſparta.

 [50]
Tutta la gente alloggiar fece al boſco:
     E quiui la poſo per tutto’l giorno:
     Ma poi che’l Sol laſciado il modo ſoſco
     Alla nutrice antiqua ſé ritorno,
     Et orſi, e capre, e ſerpi ſenza toſco
     E l’altre fere hebbeno il cielo adorno:
     Che ſtate erano aſcoſe al maggior lapo,
     Moſſe Rinaldo il taciturno campo.

 [51]
E venne con Griphon, con Aquilante,
     Co Viuian, con Alardo, e con Guidone:
     Co Sanſonetto, a glialtri vn miglio inate
     A cheti paſſi, e ſenza alcun ſermone:
     Trouo dormir l’aſcolta d’ Agramante,
     Tutta l’ucciſe, e non ne ſé vn prigione,
     Indi arriuo tra l’altra gente Mora
     Che non ſu viſto ne ſentito anchora.