Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/478

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 [27]
E ſé ben da principio il padre mio
     Gli hauea negata la domanda honeſta:
     (Perho che di natura e vn poco rio
     Ne mai ſi piega alla prima richieſta)
     Farſi per ciò di ben ſeruir reſtio
     Non doueua egli, e hauer l’ira ſi preſta
     Anzi, ognhor meglio oprado, tener certo
     Venire in breue al deſiato merto.

 [28]
E quado ancho mio padre a lui ritroſo
     Stato foſſe, io l’haurei tanto pregato
     C hauria l’amante mio fatto mio ſpofo:
     Pur ſé veduto io l’haueffi oſtinato
     Haurei fatto tal’opra di naſcofo
     Che di me Alceſte ſi faria lodato:
     Ma poi ch’a lui tentar panie altro modo
     10 di mai no l’amar ſiſſo hauea il chiodo

 [29]
E ſé ben’ era a luí venuta, moſſa
     Da la pietá ch’al mio padre portaua,
     Sia certo che non molto ſruir poſſa
     11 piacer ch’ai diſpetto mio gli daua,
     Ch’ era per far di me la terra roſſa
     Toſto ch’io haueſſi allaſua voglia praua
     Con queſta mia perſona ſatiſfatto
     Di quel che tutto a ſorza faria fatto.

 [30]
Queſte parole e ſimili altre vſai
     Poi che potere in lui mi vidi tanto,
     E’l piú pentito lo rendei che mai
     Si trouaſſe ne l’eremo alcun Santo,
     Mi cadde a piedi e ſupplicommi assai
     Che col coltel che ſi leuo da canto
     (E volea in ogni modo ch’iol pigliaffi)
     Di tanto fallo ſuo mi vendicaffi.

 [31]
Poi ch’io lo trouo tale io ſo diſegno
     La gran vittoria infin’ al ſin ſeguire,
     Gli do ſperanza di farlo ancho degno
     Che la perſona mia potrá ſruire,
     S’ emèdado il ſuo error: l’antiquo regno
     Al padre mio fará reſtituire,
     E nel tempo a venir vorrá acquiſtarme
     Seruendo amando e no mai piú p arme.

 [32]
Coſi far mi promeſſe, e ne la rocca
     Intatta mi mando come a lui venni,
     Ne di baciarmi pur s’ ardi la bocca:
     Vedi s’al collo il giogo ben gli tenni,
     Vedi ſé bene Amor per me lo tocca
     Se couien che per lui piú ſtrali impenni,
     Al Re d’ Armenia andò, di cui douea
     Eſſer per patto ciò che ſi prendea.

 [33]
E co quel miglior modo ch’uſar puote
     Lo priega ch’ai mio padre il regno laſſi,
     Delqual le terre ha depredate e vote
     Et a goder l’antiqua Armenia paſſi,
     Quel Re d’ ira inſiamando ambe le gote
     Diſſe ad Alceſte che non vi penſaſſi:
     Che non ſi volea tor da quella guerra
     Fin che mio padre hauea palmo di terra.

 [34]
E s’ Alceſte e mutato alle parole
     D’ una vii feminella: habbiaſi il danno:
     Giá a prieghi eſſo di lui, perder no vuole
     Quel ch’a fatica ha pſo in tutto vn’ anno,
     Di nuouo Alceſte il priega, e poi ſi duole
     Che ſeco effetto i prieghi ſuoi no fanno,
     All’ultimo s’adira e lo minaccia
     Che vuol per ſorza o per amor lo faccia.