Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/84

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 [47]
Et io con veſte candida, e ſregiata
     Per mezo a liſte d’oro, e d’ognintorno,
     E con rete pur d’ or, tutta adombrata
     Di bei ſiocchi vermigli al capo intorno,
     Foggia che ſol ſu da Gineura vſata:
     Non d’alcuna’ltra, vdito il ſegno torno
     Sopra il verron, ch’in modo era locato
     Che mi ſcopria dinanzi, e d’ogni lato.

 [48]
Lurcanio in queſto mezo dubitando.
     Che ’l fratello a pericolo non vada:
     O come e pur comun diſio: cercando
     Di ſpiar ſempre ciò che ad altri accada,
     l’era pian pian venuto ſeguitando,
     Tenèdo l’ombre, e la piú oſcura ſtrada:
     E a men di dieci paſſi a lui diſcoſto,
     Nel medeſimo hoſtel s’ era ripoſto.

 [49]
No ſappiendo io di queſto coſa alcuna
     Venni al verron nel’habito e’ ho detto,
     Si come giá venuta era piú d’una
     Et piú di due ſiate a buono effetto,
     Le veſte ſi vedean chiare alla Luna,
     Ne diſſimile eſſendo anch’io d’aſpetto
     Ne di perſona da Gineura molto,
     Fece parere vn pervn’ altro il volto.

 [50]
E tanto piú, ch’era gran ſpatio in mezo
     Fra doue io veni: e quelle inculte caſe:
     Ai dui ſratelli, che ſtauano al rezo
     Il Duca ageuolmente perſuaſe
     Quel ch’era falſo, hor pèſa I ch ribrezo
     Ariodante in che dolor rimaſe,
     Vien Polineſſo e alla ſcala s’appoggia
     Che giú madagli, e mòta I ſu la loggia.

 [51]
A prima giunta io gli getto le braccia
     Al collo, ch’io non penſo eſſer veduta,
     Lo bacio in bocca, e per tutta la faccia:
     Come far ſoglio ad ogni ſua venuta,
     Egli piú de l’uſato ſi procaccia
     D’accarezzarmi, e la ſua ſraude aiuta,
     Queir altro al rio ſpettacolo condutto
     Mifero ſta lontano, e vede il tutto.

 [52]
Cade in tanto dolor, che ſi diſpone
     Allhora allhora di voler morire:
     Eil pome de la ſpada in terra pone,
     Che ſu la punta ſi volea ferire,
     Lurcanio, che co gráde ammiratione
     Hauea veduto il Duca a me ſalire:
     Ma non giá conoſciuto chi ſi foſſe,
     Scorgendo l’atto del ſratel: ſi moſſe.

 [53]
E gli vieto, che con la propria mano
     Non ſi paſſaſſe in quel furore il petto,
     S’ era piú tardo, o poco piú lontano,
     No giugnea a tepo, e non faceua effetto,
     Ah miſero ſratel, fratello inſano
     (Grido) pere’ hai perduto l’intelletto ?
     Ch’ una femina a morte trar ti debbia
     Ch’ir poſſan tutte come al vèto nebbia.

 [54]
Cerca far morir lei: che morir merta,
     E ſerua a piú tuo honor tu la tua morte:
     Fu d’amar lei, quando non t’era aperta
     La ſraude ſua, hor’ e da odiar ben ſorte:
     Poi che con gliocchi tuoi tu vedi certa
     Quanto ſia meretrice, e di che ſorte,
     Serba queſt’ arme che volti in te ſteffo
     A far dinanzi al Re tal fallo eſpreffo.