Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/93

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 [26]
Quiui ſtado, il deſtrier e’ hauea laſciato
     Tra le piú defe fraſche alla ſreſca òbra
     Per ſuggir ſi riuolta ſpauentato,
     Di nò ſo eh, ch détro al boſco adòbra,
     E fa crollar ſi il Mirto oue e legato,
     Che de le ſròdi itorno il pie gli igóbra,
     Crollar fa il Mirto: e fa cader la ſoglia
     Ne ſuccede perho che ſé ne ſcioglia.

 [27]
Come ceppo tal’hor che le medolle
     Raree vote habbia: e poſto al fuoco ſia:
     Poi che per gra calor, quell’aria molle
     Reſta confluita, ch’in mezo l’empia,
     Dentro riſuona, e con ſtrepito bolle,
     Tanto che quel furor truoui la via,
     Coſi murmura, e faide, e ſi coruccia
     Quel Mirto oſſeſo, e al ſine ap la buccia

 [28]
Onde con meſta e ſlebil voce vſcio
     Eſpedita, e chiariſſima fauella,
     E diſſe, ſé tu fei corteſe e pio,
     Come dimoſtri alla preſenza bella,
     Lieua queſto animai da l’arbor mio,
     Baſti che ’l mio mal jjprio mi flagella:
     Senza altra pena, ſenza altro dolore
     Ch’a tormétarmi anchor véga di ſuore.

 [29]
Al primo ſuon di quella voce torſe
     Ruggiero il viſo, e ſubito leuoſſe,
     E poi ch’uſcir da l’arbore s’accorfe
     Stupefatto reſto piú che mai foſſe,
     A leuarne il deſtrier ſubito corſe
     E con le guancie di vergogna roſſe,
     Qual che tu ſii perdonami tdicea)
     O ſpirto humano: o bofehereccia Dea.

 [30]
Il non hauer ſaputo che s’ aſconda
     Sotto ruuida ſcorza, humano ſpirto
     M’ha laſciato turbar la bella ſronda:
     E far ingiuria al tuo viuace Mirto,
     Ma non reſtar perho che non riſponda
     Chi tuti ſia, ch’i corpo horrido & hirto,
     Con voce, e rationale anima viui:
     Se da grandine il ciel ſempre ti ſchiui.

 [31]
Et s’ hora o mai potrò queſto diſpetto
     Con alcun beneſicio compenſarte:
     Per quella bella donna ti prometto:
     Quella che di me tien la miglior parte,
     Ch’ io faro con parole e con effetto
     C haurai giuſta cagion di me lodarle,
     Come Ruggiero al ſuo parlar ſin diede
     Tremo quel Mirto da la cima al piede.

 [32]
Poi ſi vide ſudar ſu per la ſcorza:
     Come legno dal boſco all’hora tratto,
     Che del fuoco venir ſente la ſorza
     Poſcia ch’i vano ogni ripar gliha fatto,
     E comincio, tua corteſia mi sforza
     A diſcoprirti in vn medeſmo tratto,
     Ch’iofoſſi prima, e chi cjuerfo m’haggia
     In queſto Mirto, in ſu l’amena ſpiaggia.

 [33]
Il nome mio ſu Aſtolfo: e Paladino
     Era di Francia, assai temuto in guerra,
     D’Orlando, e di Rinaldo era cugino,
     La cui fama alcun termine non ferra,
     E ſi ſpettaua a me tutto il domino:
     Dopo il mio padre Othò: de l’Inghilterra
     Leggiadro e bel ſui ſi che di me acceſi
     Piú d’una Donna, e al ſin me ſolo oſt’efi.