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8 SATIRA

Ch’io non aspetto a mezza estate i lumi
     Per esser col Signor veduto a cena,
     Ch’io non lascio accecarmi in questi fumi;
Io men vo solo, e, a piedi, ove mi mena
     Il mio bisogno; e quando io vo a cavallo,
     Le bisacce gli attacco su la schiena:
E credo, che sia questo minor fallo,
     Che di farmi pagar, s’io raccomando
     Al Prencipe la causa d’un vassallo.
O mover liti in beneficj, quando
     Ragion non v’abbia; e facciami i piovani
     Ad offerir pension venir pregando.
Anco fa che al Ciel levo ambe le mani,
     Ch’abito in casa mia comodamente,
     Voglia tra cittadini, o tra villani;
E che ne i ben paterni il rimanente
     Del viver mio senza imparar nuov’arte
     Posso, e senza rossor far di mia gente:
Ma perchè cinque soldi da pagarte,
     Tu che noti, non ho; rimetter voglio
     La mia favola al loco onde si parte.
Aver cagion di non venir mi doglio,
     Detto ho la prima, e s’io vo’ l’altre dire,
     Nè questo basterà, nè un altro foglio.
Pur ne dirò anco un’altra, che patire
     Non debbo, che, levato ogni sostegno,
     Casa nostra in ruina abbia a venire.