Pagina:Ariosto - Satire, 1809.djvu/49

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QUARTA 43

Laurin si fa de la sua patria capo,
     Ed in privato il pubblico converte;
     Tre ne confina, a sei ne taglia il capo;
Comincia volpe, ed indi a forze aperte
     Esce leon, poi c’ha il popol sedutto
     Con licenze, con doni, e con offerte:
Gl’iniqui alzando, e deprimendo in lutto
     I buoni, acquista titolo di saggio,
     Di furti, stupri, e d’omicidj brutto.
Così dà onore a chi dovrebbe oltraggio,
     Nè sa da colpa a colpa scerner l’orbo
     Giudicio, a cui non mostra il Sol mai raggio;
Estima il corbo cigno, e il cigno corbo:
     Se sentisse, ch’io amassi, faria un viso,
     Come mordesse allora allora un sorbo.
Dica ognun, come vuole, e siagli avviso
     Quel che gli pare: in somma ti confesso,
     Chi qui perduto ho il canto, il giuoco, e il riso.
Questa è la prima, ma molt’altre appresso,
     E molt’altre ragion posso allegarte,
     Che da le Dee m’han tolto di Permesso.
Già mi fur dolci inviti a empir le carte
     I luoghi ameni, di che il nostro Reggio,
     Il natío nido mio n’ha la sua parte.
Il tuo Maurizían sempre vagheggio,
     La bella stanza, e ’l Rodano vicino
     Da le Naiade amato ombroso seggio.