Pagina:Ariosto - Satire, 1809.djvu/57

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QUINTA 51

Non voglion rimaner però le spose
     Nel danno; sempre ci è mano adiutrice,
     Che sovviene a le pover bisognose:
E, se non fusse ancor, pur ognun dice,
     Ch’egli è così: non pon fuggir la fama,
     Più che del ver, del falso relatrice;
La qual patisce mal chi l’onor ama:
     Ma questa passíon debole e nulla
     Verso un’altra maggior ser Jorio chiama.
Peggio è, dice, vedersi un ne la culla,
     E per casa giuocando ir duo bambini,
     E poco prima nata una fanciulla;
Ed esser di sua età giunto a’ confini,
     E non aver, chi dopo sè lor mostri
     La via del bene, e non le fraudi e uncini.
Pigliala, e non far come alcuni nostri
     Gentiluomini fanno, e molti fero,
     Ch’or giaccion per le chiese e per li chiostri.
Di mai non la pigliar fu il lor pensiero,
     Per non aver figliuoli, che far pezzi
     Debbian di quel che a pena basta intero.
Quel che acerbi non fer, maturi e mezzi
     Fan poi con biasmo: trovan ne le ville
     E spesso in le cucine a chi far vezzi.
Nascono figli, e crescon le faville,
     Ed al fin pusillanimi e bugiardi
     S’inducono a sposar villane e ancille,