Pagina:Ariosto - Satire, 1809.djvu/73

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SESTA 67

Ma se degli altri io vo’ scoprir gli altari,
     Tu dirai che rubato e del Pistoja
     E di Pietro Aretino abbia gli armari,
Degli altrui studj onor, e biasmo: noja
     Mi dà, e piacer, ma non come s’io sento
     Che viva il pregio de’ poeti, e muoja.
Altrimenti mi dolgo e mi lamento
     Di sentir riputar senza cervello
     Il biondo Aonio, e più leggier che ’l vento;
Che se del Dottoraccio suo fratello
     Odo il medesmo, al quale un altro pazzo
     Donò l’onor del manto, e del cappello.
Più mi duol, ch’in vecchiezza voglia il guazzo
     Placidían, che giovin dar soleva,
     E che di cavalier torni ragazzo;
Che di sentir, che simil fango aggreva
     Il mio vicino Andronico, e vi giace
     Già settant’anni, e ancor non se ne leva.
Se m’è detto che Pandaro è rapace,
     Curio goloso, Pontico idolatro,
     Flavio bestemmiator, via più mi spiace,
Che se per poco prezzo odo Cusatro
     Dar le sentenze false, o che col tosco
     Mastro Battista mescoli il veratro:
O che quel mastro in teologia, ch’al Tosco
     Mesce il parlar facchin, si tien la scroffa,
     E già n’ha duo bastardi, ch’io conosco;