io, me ne alegrerei.
X. Te ne alegraresti, dimi di gratia?
E. Mi pare à vedere, quando ch’io possa dir male de ’l padrone nascosamente.
X. Che cosa? brontolando vai fuora, poi che hai habuto molte bastonate?
E. E pur me n’alegro.
X. Perche? facendo assai cose?
E. Per Giove io non ce ne so nulla.
X. Amico Giove, et che odi gli heroi et baroni quando parlano essi loro.
E. Quasi son fuora di me.
X. Perche mormori di costoro che sono à la porta?
E. Sì per Giove, ma quando facio questo, io mi ammatisco.
X. O Febo Apolline, porgimi la mano, ch’io la bascia, e tu basciami, et dimi per Giove chi è quello che’è servo con noi? che compagnia è quà dentro? che gridore e zancie?
E. Di Eschilo e Euripide.
X. Ah.
E. Gran seditione mi s’è mosta trà i morti.
X. Di che?
E. Una certa lege quà è ordinata da le arti che sono grandi e commode, che ogniuno artifice ottimo si guadagni il vivere ne ’l Pritaneo, e poi la sedia di Plutone.
X. Intendo.