Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/183

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I CAVALLIERI

luogo à una imagine de dei.

De.
Che sorte d’imagine? pensitu che vi siano i dei? di’l vero.
Ni.
Io sì.
De.
Che segno adoperi?
Ni.
Perche à i dei sono inimico non giustamente.
De.
Mi dai buona nuova.
Ni.
Ma altre cose in alcun luogo bisogna considerare.
De.
Vuoi tu che dica à gli spettatori la cosa?
Ni.
Non è male. ma una sol cosa gli addomandaremo, che à noi persone faciano sapere, se de le parole s’alegrino e d’i fatti.
De.
Potrei gia dire, che ’l nostro patrone è rustico ne la ira, mangiatore di fave, colerico, populo predicatore, fastidioso, vecchietto, sordo un poco. costui in principio de’l mese passato comprò un schiavo tintore de pelli, Paflagone, ribaldissimo et calumniosissimo. questo Paflagone havendo in pratica i costumi de’l vecchio, e il suo modo di vivere, facendogli la debita riverentia, serviva ’l patrone, l’allosingava, gli dava à verso, l’ingannava, con cime et pezzetti di corame così dicendo: o populo, lava prima giudicando ne una, pon dentro, forbi, manda giu, habilo in conto d’un triobolo. Vuoi tu che t’apporti da cena? poi squarciando ciò che uno di noi havesse parecchiato a’l patrone. Paflagone m’hà donato questo, e per

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