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Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/216

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quelli che di notte robano i scuti, correndo forte, occuparanno il portico de le nostre farine.

Po.
Oime tristo che hanno le coregie. ò ribaldo quanto tempo m'hai ingannato, battendo'l popolo di si fatte cose.
Cl.
O felice tu non sai ne pensi di trovar mai uno amico miglior di mè ne'l dire. il qual sendo solo hò fidato i congiuratori, et niente m'è stato celato di quel che s'è fatto ne la cità. ma subitamente hò gridato.
Al.
Perch'hai patito quello ch’hanno fatto quelli che cercano le anguille: ma poi che'l lago s'è fugato, niente pigliano. ma se volgono in sù e in giù il fango, ne pigliano: et tu ne piglij se turbi la cità. ma dimi una sola cosa solamente, vendendo tanti corami, hai tu anebora dato una suola da tuo nome à costui, dicendo à le pianelle di amare?
Po.
Non certamente per Apolline.
Al.
Hai dunque conosciuto esse a'l meno, come è fatto? ma io comprando un paro di pianelle, te le dò da portare.
Po.
Ti giudico, per quanto conosco, che sei il piu da bene che sia ne la brigata, et sei benevolentissimo à la cità, con queste dita.
Cl.
Non è grave cose adunq; che le pantofole poi possino tanto, et di me che non s'arricordi? quante cose hai patito, che hò sedato i commossi scanzellando Grillo.