Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/412

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Alt.
Per Giove sì. ma pigliatala tutta, se l’ha follata sotto à i piedi.
Ser.
Prestissimamente pistane molte, e spesse.
Alt.
O huomini collettori di sterco agiutatemi per amor di Dio, se non mi volete soffocato.
Ser.
Da l’altra a’l busone, che dice che ne ha voglia d’una trita.
Alt.
Ecco. huomini certo mi pare essere liberato da quest’huomo. e nissun mi dice à me macinante, ch’io mangi.
Ser.
Cancaro portane una, e un’altra, e un’altra, et tridane de le altre.
Alt.
Non per Apolline, ch’io non starei sopra à la sentina, la portarò ben’io.
Ser.
Per dio. tira à le forche, và t’impicca.
Alt.
Se alcun di voi il sà, me lo dica, dove comprarò io un vaso nuovo. certo niuna cosa mi pareva intravenire più misera e infelice, che io macinando dovesse dare da mangiar a’l Cantaro. ei sì come un porco caga, overo una cagna, e malamente si sforza e si estolle di superbia, e non pensa degna cosa il mangiare, se non gli metto inanti come à una donna una rava pista, non facendo mai altro tutto il dì che tridare. vederò un poco se hormai ha finito di mangiare, così aprendo un pochetto la porta, che’l non mi urga. affermati, non cessarai hoggi da mangiare fin che crepato non ti troviamo in un cantone? in che modo que