Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/466

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D’ARISTOFANE. 233
P.
In che modo ridicola?
D.
Come s’alcuno se ligasse à cerco la barba con sepie abbrugiate.
P.
Bisogna che Peristiarco porti la benola à torno. andate inanti. Arifrade cessa, non parlar piu. vieni quà che sederai. che vuole predicare?
D.
Io.
P.
Mettili à torno la corona à la buona ventura.
D.
Ecco.
P.
Dì su.
D.
Vuoi che dica, nanti che beva?
P.
Ecco se voi bere.
D.
Perche son io coronata, misera me,
P.
Và di longo, che ciò hai fatto lì.
D.
Che poi, non si beve ne la compagnia?
P.
Ecco che ti beveno.
D.
Per Diana questo è vino puro. Dunque sti consiglij chi facciono costoro dimenticandosi poi, sono stupefattivi come fussero de ebriachi. e per Giove sacrificano, ò pur supplicano per causa di qualche cosa? se’l vino gli mancasse. e vituperano questi e quelli bevendo loro bene, e i sagittarij inalzano, e lodano l’ebriaco.
P.
Vatene via e descendi giu, che niente vali.
D.
Per Giove, certamente seria stà meglio che non mi havessi mettuto la barba, io voglio crepare di sete, à’l mio parere.
P.
V’è ne altra che voglia dire?