Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/474

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D’ARISTOFANE. 237
B.
Et io poi che haverò cacato. un certo pero salvatico mi ritien risarati su li cibi.
H.
E nanche quello, che hà detto Trasibulo de Laconici?
B.
Sì per Bacco. questo è à me grandamente. ma che deb’io fare? certamente nanche questo solo mi da tristezza: ma quando io mangio, dove mi và poi il sterco? costui mi hà serrata la porta, ma voglia che si sia egli è un huomo perifico. Che dunque farà venir il medico? e quale? quello che è ammaestrato de l’arte de slargare il buco: il so certo, Aminone: ma forsi non vorra venire, andatemi à dimamdar Antisthene con ogni industria: che sa bene per causa de’l sospirare, che si richiede à far cacar il segio. ò honoranda Lucina non mi rifiutare, non mi lasciar crepare e oppilare, à ciò non divenga un catino da cacarvi dentro.
Co.
Che fai tu? non poi cacare?
B.
Non io certamente, per Giove, ma mi levo sù.
Co.
Hai la veste di donna?
B.
Così m’è accaduto pigliarla non vedendoli, ma donde vieni?
Co.
Da’l concilio.
B.
Ello è gia finito?
Co.
Per Giove sì, à buon’hora, e certamente molta terra rossa ò Giove dilettissimo mi hà fatto ridere, la quale se è sparsa per il cerchio.
B.
Hai pigliato un Triobolo?