Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/571

Da Wikisource.
doro, d'udir quelle donne, che nodrivamo in casa, rovina manifesta, che ritengano il santo simulacro di Minerva, et habino occupata la mia rocca, e che stanghino le porte et antiporte?
Stinnodoro
Mà tosto tosto andiamo à la cità o Filurgo, à ciò che le mettiamo in cerchio in cerchio questi tronchi, à tutte quelle ch'hanno assalito questa cosa, e là sono andate. Mettiamo insieme una pilla di legne, brusciamole tutte cò le nostre mani con un'aggiuto solo, e per la prima la figlia di Licone. Elle non mi saltaranno mica adosso, per Cerere essendo vivo, poi che ne ancho Cleomene che fu'l primo ad occuparla, si partì impunito. Ma non di meno per che haveva un poco di quel fumo Laconico, mi diede l'arme e se n'andò via, con una vestazzuoletta ben picciola, morto di fame, sporco, haveva i capei lunghi: molti anni erano che non se haveva lavato, e cosi io vinsi quell'huomo, pur in diecesette scudi dormendo à le porte, che sono inimiche ad Euripide et à tutti i Dei. Io dunque non vietarò tanto misfatto con la mia persona? non sia già piu'l mio trofeo in Tetrapoli. Pur tutta via mi resta un luoco de la via, che mi mena montando su à la rocca. Et io hò gran fretta, e bisogna sforzarsi di rampecarli à qualche modo, per su questo monticello senz'asino, per che questi doi legni m'aggravano la spalla. Ma pur bisogna andare et impizzare'l