Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/66

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Dis.
Et poco inanzi hà preso una grande opinione da una gatta.
Str.
A che modo? famelo ben sapere.
Dis.
Cercando egli gli andamenti et viagi de la Luna, e i rivolgimenti, poi guardando in suso, giu d'una casa di notte una gatta adosso li cadde.
Str.
N'ho havuto appiacere, per essere à Socrate il gatto caduto adosso.
Dis.
Et her sera noi non havevamo che cenare.
Str.
Stà bene. che provisione adunq; è stata di farina?
Dis.
Sù la tavola spargendo sotilmente il cenere, volgendo lo spedo, poi pigliando il compasso, da la palestra tolse su la vesta.
Str.
Perche miriamo adunque quel Thale? Apri, apri presto la scuola, et mostrami tosto tosto Socrate, per ciò che hò gran voglia d'imparare. mò apri la porta, ò dio Hercule che sorte di bestie?
Dis.
Per che sei tù maravigliato? à chi ti parono assomigliare?
Str.
A quelle di Laconia pigliate, da quelli di Pilo, ma perche alcuna volta costoro guardano in terra.
Dis.
Elli cercano quelle cose che stanno in terra.
Str.
Cercano adunque cepolle? ne hora di questo curatevi. io sò ben'io, ove elli sono grandi et buoni. che fanno costoro poi, si fortemente inchinati?
Dis.
Questi poi l'Erebo cercano sotto a'l tartaro.
Str.
Perche dunque il culo vi guarda il cielo?
Dis.
Egli secondo lui si fà insegnare lo strolegare. ma