Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/171

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Cristina finse di non accorgersi, e lasciò che il Dal Poggio si rimettesse dal suo turbamento.

Questi dopo d’aver data una giravolta per la sala, come uomo che si dispone a partire, tornò a sedersi in faccia a Cristina e, cangiando tono, le disse:

— Mia cara Cristina, tu senza volerlo mi hai messo... nella posizione... di dover continuare questo discorso con una certa insistenza; perchè capirai che, quantunque io conosca perfettamente mia moglie, come quella che fu, si può dire, educata da me, non trovo necessità di lasciarle in testa neppur quell’ombra passeggera a cui tu accennavi... Perchè, insomma... ormai è inutile parlar in metafora... io so che quell’ombra vuol dire che Noemi può aver concepito qualche simpatia...

— Oh sta a vedere che saresti un po’ geloso adesso!

— Geloso! No... Dio me ne guardi! Mi stimo troppo, e stimo troppo Noemi per esser tale... Non fa bisogno d’essere geloso per cercare i mezzi di ovviare ad un inconveniente che può nascere...

— Non dico di no... ma prima di tutto non bisogna esagerare il pericolo...

— Io non esagero nulla. Soltanto che penso una cosa; ed è che tu mi puoi essere d’un certo aiuto.

— Oh come mai?

— M’è venuto in mente che se la cosa è vera non può essere accaduta... che qui da te.

Il sorriso di Cristina persuase il Dal Poggio di aver colpito nel segno. Ella però in parole negò ricisamente: