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ROMANZO DI

Mrs. HUMPRY WARD



CAPITOLO IXI.


Il treno volava ora a tutto vapore attraverso la foresta di Chantilly. Una pallida luna era spuntata ed al chiarore de’ suoi raggi, i lunghi viali diritti, interminabili, S'estendevano a per- dita Nd vista elle aste Vaporose dei grandi alberi germoglianti fuggivano allo sguardo dei viaggiatori; e così pure i candidi villaggi silenziosi e addormentati, le Stazioni illuminate e brulicanti di figure vaganti, le immense cataste di legnami Sparse lungo la linea ferroviaria.

Seduto nel suo scomparto di seconda classe, Delafield non pensava nè a dormire, nè a distendersi. La notte era assai rigida. Egli non aveva che il leggiero soprabito che indossava quel giorno quando era uscito dall'Hotel du Rhin per fare un giretto prima di pranzo. Ma egli non sentiva nulla, e non aveva coscienza d'altro che del corso impetuoso dei suoi pensieri, Gli avvenimenti delle due giornate precedenti, il loro significato, il significato delle sue proprie azioni, e le probabili conseguenze. Con tutto questo, il suo spirito non cessava di costruire, di combinare delle deduzioni, di interpretare i fatti, ora in Un senso, ed ora nell'altro. In lui esisteva una sovraeccitazione mista a timore. Ma quegli elementi non intaccavano il fondo del suo carattere, composto di calma, di coraggio e di invincibile risolutezza.

Il giorno prima egli aveva lasciato Londra coi suoi cugini, il Duca di Chudleigh e Lord Elmira, il giovane ammalato, che si recavano a Parigi per consultare un nuovo medico. Malgrado il numero di domestici e di corrieri di cui si circondavano, quei due infelici gli sem- bravano sempre assai solitari e abbandonati in viaggio. La sua presenza era per loro un appoggio, una consolazione, per cui egli propose di accompagnarli.

Durante i viaggio, al restaurant di Calais, Delafield aveva Scorto Henry Warkworth e gli aveva rivolto un rapido saluto. Da quando si erano incontrati alla serata di Mademoiselle Le Breton, ambedue sapevano che avrebbero fatto assieme la traversata.

L'indomani, giorno del viaggio di Julie, Delafield gironzolava, prima di colazione, nella rue de la Paix, attendendo ansiosamente che i suoi cugini tornassero dalla visita fatta al fa- moso specialista, quando urtò involontariamente in Warkworth. Malgrado il loro segreto anta- gonismo, non poterono dispensarsi dallo scambiare qualche parola. Delafield disse che era a Parigi per due giorni ancora, e soggiunse:

— Ci troveremo domani all'ambasciata?

— No; vi ho pranzato ieri. I miei affari sono terminati. Parto questa sera per Roma.

— Uomo felice! Vi è un nuovo diretto, nevvero? che arriva a Roma la mattina del se- condo giorno,

— SÌ, è sorprendente! Perchè non ci precipitiamo tutti verso il mezzogiorno?

Si strinsero la mano senza cordialità, separandosi su questo.

Questo discorso aveva luogo verso mezzogiorno.

Durante la colazione, Delafield ricevette una risposta al telegramma che aveva mandato quella mattina alla Duchessa di Crowborough per chiederle l'indirizzo di un suo vecchio amico, cugino di lei. Il telegramma diceva: « 36, Avenue Friedland. Lord Lackington morente, conge- stione al cuore stamane, Reclama Julie urgentemente. Blanche Moffatt trattenuta Firenze da figlia ammalata. Circostanze tristi. Telegrafai Julie a Bruges ».

Questo telegramma ridestò nella mente di Delafield il tenero ricordo della sua conversa- zione con Julie, della Strana dolcezza e dell’insolito bisogno di aiuto che essa aveva manifestato. Egli augurava con tutta l'anima che essa potesse rivedere il vecchio, che i due figli, Uredale e William, la trattassero con bontà, e che giunta la fine, si trovasse che Lord Lackington aveva provveduto, come era suo dovere, all’avvenire di sua nipote.