Pagina:Arturo Graf - Le Danaidi.djvu/105

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LA LEGGENDA DI ECCARTO 93 Tra cui fulgido e vivo a quando a quando Scendea di sole un raggio, illuminando Róse ceppa j e, e dilicate felci, E groppi scabri di muscose selci: E in rimirar quella mutevol scena, Così di pace e d’innocenza piena, E in ascoltar degli uccelletti il canto, Sentiasi il core traboccar d’un santo Ed incognito gaudio e le pupille Inumidir d’affettuose stille. Giunse, così vagando, a un picciol prato, Ove, di foscbi abeti incoronato, Vasto e sublime trascendea nel mezzo Un solitario faggio, e del suo rezzo I fior novelli e le novelle erbette All’intorno copria. Quivi ei sedette, Invaghito di far breve dimora Sotto quell’ombre; e già sonata l’ora Terza da tempo, ed era ornai di poco Lunge il meriggio. Alto silenzio il loco Ermo teneva, alta quiete, e in giro Non ramo o fronda si movea, non spiro Fremer di vento, nò d’uccel canoro Voce s’udia. Come una freccia d’oro,