Pagina:Arturo Graf - Le Danaidi.djvu/43

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l'ultimo viaggio di ulisse 31

     Stato ne colga l'aborrita morte.
     Anzi l'ultimo sol, di noi, del forte
     Nostro lignaggio rifacciameli degni.
     Rompiam gl'indugi; i frivoli ritegni
     Rimoviamo oramai. Tentar ne giovi
     Anche una volta il dubbio caso, e novi
     Mari solcar, premere ignote arene,
     Cercar genti remote; al male e al bene
     Parati a un modo; alla comun salute
     Devoti sempre; e di non più vedute
     Meraviglie i beati occhi pascendo.
     Non io per vano imaginar m'accendo.
     Di là dai segni ond'ha il confin prescritto
     Agli umani ardimenti Ercole invitto,
     Di là da Calpe si distende un mare
     Ignoto, il quale altro confìn non pare
     Aver che il cielo; il cupo mar di Crono,
     Che ribollendo e sibilando il prono
     E focoso tranghiotte orbe del sole.
     Chi potria rinarrar con le parole
     Tutti i prodigi onde quel mare è pieno?
     Molte quivi sbocciar dal vitreo seno,
     Il qual fondo non ha, si veggon, pari
     A canestre di fior nitidi e rari,