Pagina:Atlantide (Mario Rapisardi).djvu/107

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Canto quinto 107


Un randel, che per caso ivi giacea,
     Ben librato, nocchiuto e fuor di modo,
     Esperio afferra, e non s’oppone Edea,
     E avanzando il mulina, e picchia sodo;
     Aizza Barabal l’orda sua rea,
     Però da lungi, ed io di questo il lodo;
     Ma visti in fuga i suoi, non altro aspetta,
     E in fondo all’antro si ricaccia in fretta.

Zitto, allor disse Edea, quindi conviene
     Di tal mostro pigliar vendetta lieta;
     Lascia che asseri un poco, e su le arene
     Del lido uscir vedrai l’irto poeta:
     Quivi al mare affidar suol le sue pene,
     Quivi palpar la sua parte segreta,
     Invocando colei che il sen gl’infiamma
     In versi che non han babbo nè mamma.

Già tra foschi giacinti avea gli aurati
     Strali ravvolti il sole, e dietro al monte,
     Presi da’ campi i debiti commiati,
     Celato avea la porporina fronte;
     Gli alunni qua e là tristi e sbrancati,
     Rimemorando le batoste e l’onte,
     Schizzavano velen da tutti i pori,
     Quand’ecco a un tratto Barabal vien fuori.