Pagina:Atlantide (Mario Rapisardi).djvu/203

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Canto nono 203


Ma pur di non levarsi egli un istante
     Dai molli strati o almen tender la mano,
     Tollerò che la dea, ch’erane amante,
     Il suo favor sollecitasse invano.
     Lui vedendo sì tardo e repugnante,
     Ritornò questa al suo balzo sovrano,
     E lo mandò sdegnosa alla malora,
     Ma non così che nol rammenti ancora.

Giorno verrà, così tra sè favella,
     Mentre gli volge indispettita il dorso,
     Che derelitto dall’età più bella,
     Di questi ozj volgari avrai rimorso;
     Dell’alato destrier montare in sella
     Vorrai di nuovo e me seguire al corso,
     Ma rude e pigro cavalier, gli amanti
     Solerti miei vedrai passarti avanti.

Disperando alla fin d’esser tra’ primi
     Tu che da me fosti tra’ primi eletto,
     E vedendo ch’a’ miei regni sublimi
     Ben altri io scelgo e per fedeli accetto,
     Avverrà, triste a te, che a tal si adimi
     L’ingegno tuo da te troppo negletto,
     Che seppellita in una immensa noja
     Entro a te vivo ancor l’anima muoja.