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238 Atlandide


Nel tuo grido proruppe, e all’aure prave,
     Onda oscura intristía l’itala pianta,
     Diffuse a un tratto un fremito soave,
     Una speranza inusitata e santa;
     Dai pigri petti, dalle menti ignave
     Fugò la nebbia e la negghienza tanta,
     E come squillo di celesti trombe,
     Svegliò la terra ed animò le tombe.

Sorsero sette re, pullulâr sette
     Venali turbe al mal d’Italia armate,
     E industri insidie e perfide vendette
     Fra l’erbe ordîr dal pianto tuo bagnate;
     Il demonio dell’Odio e delle Sette
     Ti saettò con l’armi avvelenate;
     Ma il vermiglio Guerriero, un contro a tutti,
     Sguainò la sua spada, e fûr distrutti.

Salve, o dell’Ideal nitido acciaro,
     Raggio di libertà puro ed ardente,
     Celere qual pensier, come Sol chiaro,
     Gloria della ridesta itala gente!
     Per te dall’ombre dell’esilio amaro
     Rifiammeggiò del Ligure la mente;
     Per te l’Idea, che il cor gli arse perenne,
     Nella destra d’un dio fulmin divenne!