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10 la vera democrazia


nullatenente può addottrinarsi nelle leggi, umiliare i più orgogliosi feudatarii, esercitare un preciso dominio nello Stato; e dall’ultima plebe può sorgere il forte ingegno, che colle lettere crea, muta, domina onnipotente la pubblica opinione. Così l’ingegno, vince la nascita, i feudi, la ricchezza; e col concetto cristiano dell’eguaglianza, il diritto del popolo è messo al disopra dei privilegi di classe, della corona dei re, della tiara dei papi.

VI.

Nelle repubbliche italiane abbiamo avuto splendidi esempi di governo e popolo, e non avevano schiavi come Atene, non fecero appello alla forza come a Roma, nè, come la Chiesa primitiva, condannarono gli agi della ricchezza e gli splendori dell’arte. Tutti i cittadini capaci di regger l’armi venivano convocati in piazza a Parlamento; avevano consoli e Senati, e magistratura nominata dalle corporazioni d’arti, dove prevalevano le maggiori, con minor numero di cittadini, ma con assai più teste pensanti. Avevano funzionari zelanti, onesti, liberali; i cittadini erano animati da un patriottismo purissimo, e sposavano le tradizioni della civiltà romana ai principii umani e caritatevoli del cristianesimo. Le arti, i monumenti, le relazioni lontane allargavano gli orizzonti dello spirito, le imprese di guerra addestravano il corpo; conquistarono la libertà e il potere; promossero di dentro il maggior bene comune; seppero resistere di fuori a signori collegati, a vescovi, a monarchi; progredirono rapidamente facendo rispettare le leggi, tutelando gli averi. Avevano fede ed aprivano nuove vie al genio, e trovavano negli entusiasmi dei concittadini un incoraggiamento alle loro sublimi aspirazioni. Potevano inoltrarsi nei campi infiniti del pensiero, senza temere l’impaccio delle obbligazioni convenzionali d’una società artificiale. L’Europa, avvolta nelle tenebre, pareva una foresta fitta d’armi e paurosa di barbari ululati, quando le nostre città erano illuminate dal vivo sole; quando alzavano monumenti superbi, gittavano ponti grandiosi sui fiumi, costruivano palazzi da sovrani, creavano i miracoli dell’arte, rievocavano da un silenzio di dodici secoli la poesia, trattavano da maestri la filosofia e la storia, coltivavano con successo tutte le scienze, risuscitavano i capolavori dell’antichità. E coltivavano le terre con cura gelosa; portavano all’Europa i prodotti dell’Oriente; iniziavano il mondo ai misteri della finanza e degli scambii. Erano insomma economicamente e politicamente superiori alla stessa Atene, sebbene non avessero i suoi oratori, i suoi artisti, soprattutto le sue virtù militari1. Ancora adesso a Firenze

  1. Erskine May: Democracy in Europe. Capo VII.