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14 la vera democrazia


masse lavoratrici, nelle campagne, ma più nelle città, si disegnano talvolta alcuni gruppi ardenti, che vogliono trascinare la folla; in ogni gruppo vi sono alcune individualità energiche ed appassionate che lo guidano. Qualche volta le masse cedono; allora l’oceano popolare si sconvolge tutto e ne seguono le grandi rivoluzioni politiche e sociali; ma per lo più restano indifferenti, perchè non vedono un interesse immediato, o non le agita la passione, le trattengono l’autorità, il rispetto o il timore. Allora sorgono i rappresentanti senza mandato di questo popolo addormentato, indifferente, o calmo, e fanno parlare la sibilla infallibile a modo loro. Poi da questo gruppo si distacca un altro gruppo più ardente, più impaziente; ogni giornale si afferma unico rappresentante del popolo; da ogni tribuna si gitta l’anatema, e le violenze brutali della parola tengono il luogo della guerra civile, qualche volta la preparano. In questi casi la volontà popolare e l’opinione sovreccitata, convenzionale, di una intima parte della nazione, quella che la violenza delle passioni o la profondità della miseria spinge più facilmente alla ribellione. Di cotesto popolo diceva giusto un filosofo francese, il Caro, «popolo da teatro, da circo, che si moltiplica cogli artificii di una ingegnosa circolazione; che simula la folla collo strepito, ricordando il coro dell’antica tragedia greca, quando parlava almeno in versi armoniosi... Sono quattro, cinquemila forse, che forniscono uditori numerosi ai comizii, e lettori a certi giornali; che colmano le lacune della discussione seria coll’agitazione, colle grida, con proposte insensate, accaparrando l’attenzione e crescendo la paura della gente; bassa e volgare democrazia di parata, a servizio di vanità perverse, di ambizioni malsane, di oscuri fanatismi... Nè senza pericolo; perchè viene il giorno nel quale sotto il soffio come d’un uragano, il contagio si spande nella folla; e il delirio dell’ira versato a piene mani nell’animo di gente ingenua, ignorante e che soffre, può fare di ogni miseria e di ogni sofferenza un urlo d’odio e di rivolta selvaggia»1.

Nè può dirsi vero governo di popolo quello che esclude la parte migliore del popolo, ed a questo riguardo anche la più grande democrazia moderna, quella degli Stati Uniti d’America non mi pare nel vero; adesso, ancora meno che al tempo di Tocqueville. L’ingratitudine e l’invidia vi sono quasi elevate a virtù; perchè il popolo deve essere sciolto da ogni sentimento di gratitudine, che potrebbe vincolarlo, diffidente verso gli intelletti superiori, che potrebbero dominarlo. Sceglie sempre coloro che meglio rappresentano le sue idee, i suoi capricci, le sue passioni; coloro che sanno colmarlo d’adulazioni, ed inebbriarlo di incensi. Così la mediocrità,

  1. La vraie et la fausse démocratie. «Revue des deux mondes» 1871.