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114 autobiografia

«Alzatevi, ecco i Francesi.» Non so se in quel momento il sonno mi impedisse di vedere il pericolo, o se un eroismo male inteso mi suggerisse di affrontarlo per salvezza della città. So che il pensiero di fuggire non mi passò per la mente, e quantunque io sia stato sempre cauto, e pauroso, quella matina finchè mi vestii in somma fretta, ad altro non pensai fuorchè al modo di respingere gli assalitori. Rido tuttora di quella disposizione dell’animo mio, che si preparava a fare la guerra con quelli ammanimenti con li quali mi apparecchio adesso a pigliare il caffè. Mio fratello ebbe più giudizio di me, e raccontatomi che gli insurgenti forastieri e paesani erano scappati tutti, e che i Francesi stavano lontani pochi passi, concluse che bisognava fuggire. Allora cadde la benda, e si pensò a salvarsi, non sapendo però come o dove, in quel momento di altissima confusione. Restare in Casa non conveniva perchè la Casa mia sarebbesi pigliata di mira, e bisognava sottrarsi al primo furore. Andammo nel piccolo nostro podere sotto le mura dei Capuccini, io, mia moglie, mio fratello e il zio Ernesto nella casuccia del roccolo, il resto della Famiglia nella casa colonica.

LI.

Primo corpo dei Francesi respinto.

Duecento Francesi in circa con qualche piccolo pezzo di artiglieria, venendo da Loreto arrivarono fra la Pittura del Braccio, e il convento dei Minori osservanti. Alcuni colpi di cannone portarono le palle nella città; una passò sopra di noi mentre uscivamo di Casa, un’altra strisciò sopra la casuccia del nostro ritiro. Tutti erano fuggiti, ma venti o trenta paesani più arditi, o più incauti, si erano appiattati