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116 autobiografia

notizie che si succedevano, e il timore dell’avvenire infondevano spavento, e facevano desiderare il ritorno dei Francesi come una redenzione. Nella prima notte che dormii in campagna, la mia povera moglie fu quasi divorata dalle pulci. La sua gravidanza le rendeva intollerabile quel tormento e la privazione del sonno, e volle onninamente tornare in città finchè si ripulisse affatto la casa. Io fremevo, e non sapevo persuadermi che si avessero a temere le pulci più dei Francesi, ma io non ero donna incinta per giudicarne. Dovetti cedere e condurla a casa finchè purgato affatto l’asilo nostro da quelli animali terribili vi ritornammo tranquillamente. Mentre dunque andavamo dalla campagna alla città venendo il zio Pietro con noi, viddi un uomo attraversare la strada in fretta, e fattomi avanti sentii incriccarsi alcuni fucili dietro le siepi. Amici, gridai, son io. Allora alquanti appiattati vennero fuori, mi domandarono scusa, e confessarono che stavano per tirare sopra mio zio sbagliandolo per Giuseppe Antonio Vincenzoni, sulla cui testa i briganti avevano messa la taglia di cento scudi. Tanto era lieto il vivere in quei giorni.

LII.

I Francesi prendono Recanati e lo saccheggiano.

Nel giorno 24 si intese che i Francesi sbrigati di altre faccenduole nella Provincia venivano in Recanati. I saggi temevano per il primo ingresso ma sospiravano il termine di quel disordine. Il popolo paesano e forastiere stava folto sulle armi, e millantava, e si ubbriacava al suo solito. Si voleva spedire a trattare coi Francesi nascostamente ma i briganti chiudevano tutte le strade, e un trafugo poteva costare la vita. Dunque si restò rassegnati agli avvenimenti.