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82 autobiografia


Fino quasi dai giorni di sant’Ignazio, i miei antenati fondarono in Recanati un collegio di Gesuiti, dotandolo con sufficienti beni, e riservandosi il regresso alla proprietà della sostanza per il caso in cui il collegio venisse disciolto. Questo caso si verificò nel 1773 con la soppressione gesuitica, e la mia Famiglia reclamò l’osservanza del patto, ma il papa Clemente XIV di santa e infausta memoria, non volle intendere di restituzione, dichiarando con un suo motoproprio, che generalmente quanto al restituire i beni, la Compagnia si riteneva come non estinta «Tamquam non fuisset extincta». Qualche volta questi moti del Papa sono un poco convulsivi, ma pure bisogna starci. Dispiacque assai il perdere una sostanza del valore di circa scudi quarantamille, ma forse dispiacque più che all’appoggio di alcune pretese regolarità camerali tutti i beni del collegio si diedero in enfiteusi perpetua al Cardinale Antici, preferendolo alla Famiglia nostra che li domandava almeno con questo titolo. Ho amato e stimato troppo quel Cardinale per accagionarlo di alcuna parte in questa ingiustizia, ma il detentore delle sostanze proprie si guarda sempre di mal’occhio, e da allora in poi la famiglia mia aveva conservato sempre un po’ dispetto verso gli Antici.

Un’altra circostanza aveva disposti i miei congiunti poco a favore della giovane che io volevo sposare. Quel conte Castracane, del quale ho parlato venne qua per conoscere Amalia Antici sorella maggiore di Adelaide, ma vistele ambedue, la seconda gli piacque più e la prescelse. Amalia era giovane carinissima, e amabilissima, e la specie di torto fattosi a lei risvegliò la compassione e l’interesse di tutto il paese, ma principalmente dei miei congiunti che avevano un cuore grande quanto una piazza. Mia Madre dunque e i miei zii mi proposero di sposarla, e lo desiderarono ardentemente, io però non essendone innamorato, lo ricusai, ed