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del conte monaldo leopardi 83

essi mi lasciarono in pace, ma restarono poco contenti, e molto meno inclinati ad amare quell’altra la di cui preferenza aveva eccitata la compassione loro per questa.

Tali essendo le disposizioni degli animi, manifestai al mio zio Ettore la scelta fatta della sposa, e lo pregai di palesarla a mia Madre e agli altri zii, e di ottenere il consenso loro. Egli mi fece conoscere che questa scelta non mi era utile per la tenuità della Dote, ma concluse nella mia persistenza mia madre ed eglino non avrebbero fatta opposizione. Fin qui le cose andavano passabilmente, ma in pochi giorni si manifestò nei miei congiunti una opposizione a quelle nozze tanto costante e decisa che ne restai disperato. Amando la mia sposa con tutto l’ardore della gioventù, sentendo tutta la forza della parola già data, e conoscendo che la giovane aveva lasciato per me un altro partito, il ritirarmi era impossibile, ma amando pure e rispettando sommamente la Madre e i congiunti mi mancava affatto la forza per venire ad un fatto decisivo con la loro contradizione. Vissi alquanti giorni una vita di morte, senza cibo, senza sonno, straziato lacerato dall’amore e dalla disperazione, e non so come sarei uscito da quello stato di pene, se un’imprudenza commessa dai miei congiunti non mi dava il coraggio di disgustarli. Supplicarono il Papa perchè mi sottoponesse all’economato, e al tempo stesso i miei zii mi citarono per vedere annullata la donazione che dei loro beni avevano fatta al maggiorascato domestico innanzi al mio nascere. Non so di chi si servisse il Diavolo della discordia per inspirare ai miei parenti quella opposizione e quella ostilità aliene affatto dal carattere loro dolcissimo, ma questi atti legali, non meritati da me, che infine volevo la sorella di quella offertami già da loro, mi incoraggirono a resistere, e decisi che il mio matrimonio avrebbe luogo senz’altro. In questi trambusti mio fratello restò d’accordo con me, e lo stesso fece