Pagina:Avventure di Robinson Crusoe.djvu/16

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e che uno stato mediocre, soggetto a minori disgrazie, non è esposto alle tante vicende cui soggiacciono i più grandi o i più piccoli fra gli uomini; chi si contenta della mediocrità, non patisce tante malattie e molestie sia di corpo, sia di mente, quante i grandi, o gl’infimi: quelli consumati dal vivere vizioso, dalla superfluità dei piaceri e dalle medesime loro stravaganze; questi logorati da una dura e continua fatica, dalla mancanza delle cose necessarie, e da uno scarso ed insufficiente nudrimento, traggono sopra sè stessi quante infermità sono cagionate dalla loro maniera di vivere. Aggiugni, la condizione media della vita è fatta per ogni sorta di virtù e per ogni sorta di godimenti; la pace e l’abbondanza sono congiunte a quest’aurea mediocrità; la temperanza, la moderazione, la tranquillità, la salute, la buona compagnia, ogni diletto degno di essere desiderato, vanno necessariamente accompagnati con lei. Per essa gli uomini trascorrono pacatamente e soavemente la peregrinazione di questo mondo, e n’escono piacevolmente, non travagliati da fatiche di braccia o di capo, non venduti alla schiavitù per accattarsi il giornaliero loro pane, non angustiali da perplessità che tolgono la pace all’anima e il riposo al corpo; non lacerati dalla passione dell’invidia o dal segreto rodente verme dell’ambizione che li faccia aspirare a grandi cose. Guarda come, posti in condizioni non mai difficili, attraversino la carriera della vita gustandone le soavità senza provarne l’amaro, sentendo di esser felici, e imparando da una giornaliera esperienza di essere ogni giorno più. Dunque sii uomo; non precipitarti da te medesimo in un abisso di sventure contro alle quali la natura e la posizione in cui sei nato, sembrano averti premunito; non sei tu nella necessità di mendicarti il tuo pane. Quanto a me, son disposto a farti del bene e ad avviarti bellamente in quella strada che ti ho già raccomandata come la migliore; laonde se non ti troverai veramente agiato e felice nel mondo, ne avranno avuto unicamente la colpa o una sfortuna da non potersi prevedere o la tua mala condotta, venute ad impedirti sì lieto destino. Ma non avrò nulla da rimproverare a me stesso, perchè mi sono sdebitato del mio obbligo col farti cauto contro a quelle tue risoluzioni che vedo doverti riuscire rovinose. Son prontissimo dunque a far tutto a tuo favore, se ti determini a rimanertene in mia casa e ad accettare un collocamento quale te l’ho additato; ma altresì non coopererò mai alle tue disgrazie col darti veruna sorta d’incoraggiamento ad andartene.