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robinson crusoe | 357 |
fummo da presso, e stava aiutandolo a smontar da cavallo, perchè era malconcio dalle morsicature e insieme dalla paura avuta, allorchè vedemmo spuntare dal bosco l’orso, ed era uno de’ più enormemente grossi ch’io m’abbia veduti. Noi rimanemmo alquanto sconcertati a tal vista, ma non Venerdì nel cui aspetto si leggea facilmente l’intrepidezza, anzi l’ilarità.
— «Oh! oh! oh! gridò egli, accennando tre volte col dito la fiera. Padrone, lasciar me fare! Me voler far conoscenza con lui! me voter darvi bel ridere!»
Tanta giocondità del gagliardo mi parea fuor di proposito e mi sorprese.
— «Pezzo di matto, gli dissi, ti mangia in un boccone!
— Mangiar me in boccone! me in boccone! ripete Venerdì. Me mangiar lui! me dar a voi bel ridere. Voi tutti star fermi qui! Me dare a voi bel ridere!»
Sedutosi tosto per terra, e levatisi gli stivali, cui sostituì un paio di scarpini che avea seco, consegnò il suo cavallo all’altro mio servo; poi si diede a correre a tutte gambe.
L’orso se ne andava adagio adagio per la sua via, come chi pensa a tutt’altro che ad aver quistioni con alcuno, intantochè Venerdì gli fu in qualche vicinanza, e lo chiamò, come se l’orso avesse potuto rispondergli.
— «Te ascoltare! te ascoltare! dicea Venerdì, me volere parlare con te!»
Seguivamo Venerdì ad una certa distanza, ma potevamo veder tutto, perchè scesi ora dalle montagne che stanno rimpetto la Guascogna, eravamo entrati in una vasta pianura sparsa sì d’alberi qua e là, ma che lasciava molti vani tra un albero e l’altro. Venerdì che codiava, come dicemmo, l’orso, gli arriva a tiro, e levato un gran sasso da terra glielo gettò sì, che lo colpì nella testa; ma non gli fece più male che se lo avesse scagliato contro ad una muraglia. Ciò era nondimeno quanto da Venerdì si cercava, perchè il furfante era sì scevro di paura, che desiderava appunto farsi correr dietro dall’orso e mostrar a noi bel ridere, com’egli chiamava ciò. Appena l’orso sentì il colpo, veduto da chi gli veniva, si volta e si dà a seguire l’assalitore facendo passi diabolicamente lunghi, e dimenandosi, come se fosse stato un maestro di cavallerizza che avesse voluto mettere al mezzo galoppo un cavallo. Venerdì si pose a correre alla