Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/139

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Due giorni appresso, il padre Stella ci lasciò per recarsi a Keren ad incontrarvi Pompeo Zucchi; nè mai, come allora, sarebbe stata necessaria per lo contrario la sua presenza sul luogo.

Infatti, durante la sua assenza, avvennero dei fatti rilevantissimi e spiacevoli per noi. Quei due furbi — lo Skek ed il medico — ebbero l’abilità di farci alienare gli uomini della tribù comandata dall’indigeno Glaudios alla quale avevamo accordato ospitalità nelle nostre adiacenze, e colla quale ci eravamo legati con reciproci patti di amicizia e di soccorso.

La capanna in pietra che Colombo aveva costruito per essi allo scopo di ricoverarvi le loro gregge, fu immediatamente convertita in Moschea. Di più avrebbero avuto la pretesa che il loro bestiame fosse stato accolto da noi, entro al nostro recinto, mettendo a disposizione del medesimo qualche altra delle nostre capanne.

Una mattina, ecco lo stesso Glaudios (l’indigeno) presentarsi in mezzo a noi e raccontarci che, durante la scorsa notte, aveva scorto dei fuochi all’ovest di Zadamba, e che, in seguito ad una ricognizione fatta fare dai propri indigeni, aveva rilevato essersi colà raccolti molti Démbelas, allo scopo di calare a tempo su noi e depredarci.

Chiedeva all’uopo il nostro soccorso; anzi invitava me a seguirlo per prendere in comune quelle disposizioni che fossero le più opportune ad iscongiurare il pericolo.

Io, a dire il vero, non volli credere alla parola di un individuo che aveva tradito i patti stipulati; perciò mi schermii meglio che mi fu possibile ed egli dovette andarsene senza nulla ottenere.

Scrissi però tosto al padre Stella, informandolo del