Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/21

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nell’accorgermi d’aver raggiunto la carovana, che non me ne poteva persuadere. La causa della mia diffidenza era stata però naturalissima; poichè nel ritornare dal sito in cui era avvenuto lo smarrimento di Colombo, io, senza accorgermi, aveva preso una via affatto diversa da quella percorsa dapprima; e allorchè d’un tratto mi vidi a qualche distanza dall’accampamento, non potei capacitarmi che fosse il nostro, ma dubitava piuttosto che potesse essere una carovana straniera. Pensava quindi che avrei potuto esser veduto e fatto prigioniero, forse anche privato di vita; per cui, ondeggiando fra il timore e la speranza, mi andava inoltrando colla massima circospezione, finchè mi fu dato di scorgere alcuno dei nostri compagni.

Allora accelerai il passo, e dopo tanti affanni, giunsi festeggiato da tutti e dallo stesso Colombo, il quale, più felice di me, eravi arrivato già da due ore.

Cucinammo allora un po’ di the, e dopo averlo sorseggiato, ripigliammo il cammino, rassegnati sulla sorte infelice dello Spagnuolo.

Circa alle 10 antim. giungemmo ad una cisterna, ove le carovane sogliono far sosta per approvvigionarsi d’acqua, la quale viene conservata in otri di pelle di montone, detti gherbe, e si beve abbastanza calda, lungo il viaggio. Quivi scaricammo i camelli e legammo ad alcuni cespugli gli altri animali, dopodichè ci diemmo a far fuoco per ammannire un po’ di minestra. Non tralasciammo del pari di fabbricarci alla meglio un riparo contro i raggi del sole ai quali troppo vivamente ci trovavamo esposti. Mentre davasi compimento a codeste varie operazioni, non mancavasi, di tratto in tratto, di argomentare sullo smarrimento dello Spagnuolo formando le più strane conghietture sul suo conto.