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Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/20

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pure non avesse avuto ad assaggiare gli artigli delle fiere, dai quali difficilmente avrebbe saputo scampare.

Si avvicinava la sera, e stringendocisi il cuore all’idea del suo pericolo, ci consultammo sul partito da prendere. Infatti spedimmo alcuni indigeni in diverse direzioni sulle traccie dello smarrito; ma essi, dopo alcun tempo, ritornarono senza risultato.

Passo così la notte. Alla mattina seguente, per tempissimo, prima di far coricare i camelli, presi le mie armi e, invitato Colombo a seguirmi, uscimmo, inoltrandoci per la foresta allo scopo di tentare un ultima prova per rinvenire qualche traccia di lui.

Ci stendemmo uno da destra l’altro da sinistra, senza però allontanarci di tanto che non giungessimo ad intendere la nostra voce, e proseguimmo così per qualche ora, facendo, parecchi tiri di fucile e gridando a squarciagola il nome di Glaudios. Tutto si rese inutile. Scoraggiato dal triste esito, mi decisi di ritornare alla carovana, al quale scopo chiamai per nome Colombo, acciò mi raggiungesse; ma con mia grande sorpresa egli non mi rispose, perchè s’era scostato di troppo. Mi smarrii, e mi tenni perduto. Mi travagliavano due dubbi: l’uno sulla mia esistenza, l’altro sullo smarrimento anche di questo secondo compagno. Nessuna traccia mi restava della parte per la quale Colombo si fosse diretto, ma siccome è naturale, io pensai ch’egli potesse essersi avvicinato alla carovana; per la qualcosa io stesso partii da quel sito e mi diressi approssimativamente alla volta da cui era venuto, fortunatamente riuscendo vicino all’accampamento.

Un sospetto però venne tosto ad assalirmi, e fu quello che l’accampamento non fosse il nostro; per la qual cosa m’avanzai di soppiatto. La mia gioia fu tale,