Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/46

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Dopo di che, prese commiato stringendoci ad uno ad uno la mano ed augurandoci prospera la fortuna.

Ci avviammo alla volta di Zaghà, capo luogo della tribù dei Beniahmer, sede d’un governo retto a triumvirato. Siccome avevamo percorso un lungo tratto di via, così verso il mezzogiorno dovemmo sostare in una selva, valendoci dell’ombra di una colossale adansonią per refrigerarci.

Quell’albero gigantesco fu da noi misurato, ed eravamo in dodici a circuirlo, l’uno stretto alla mano dell’altro. L’altezza era presso a poco come quella d’un ordinario campanile, ed i suoi rami, che avevano forma conica, stavano rivolti all’insù e terminavano in un ciuffo composto di molti piccoli rami recanti delle frutta somiglianti alle noci d’America.

Nel seno di cotali rami colossali si formano alcune specie di pozzi in cui usano ricoverarsi avoltoî ed altri rapaci, come grifoni ed aquile. Il legno di quelli alberi è spugnoso, la midolla oleosa, la corteccia grossa circa un pollice e facile ad essere staccata. Della corteccia si fabbricano corde, le quali servono a tener salde le travi colle quali si erigono le capanne, adoperandole però dopo che sieno state per qualche tempo tenute ad ammollire nell’acqua. Allorchè, poste in opera, si asciugano, esse si restringono per modo da servire meglio dei chiodi e degli arpioni.

Accanto all’albero improvvisammo la cucina e cucinammo un po di lenti. Il the vi tenne poi dietro, stando noi seduti in ottima compagnia a raccontarci storielle ed aneddoti.

Il sig. Stella ci narrava che, tre anni prima, egli s’era trovato in quelle medesime regioni, ed erano venuti i propri servi ad incontrarlo allorchè ritornava da