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Ratkowicz si piega su di un fianco timidamente.
Io... io... studiavo dal rabbino Zelman a Dzirzanòw, Wolynia.
Il frak del vecchio si è aperto completamente. Il vecchio stringe nervosamente la mano di Ratkowicz, lo abbraccia, lo carezza sulla spalla.
Suona, suona per me, bambino mio...
Ratkowicz si guarda intorno perplesso, il direttore d’orchestra ossequiente fa un segno d’affermazione. Il ragazzo si porta il violino al mento.
La tragedia del re Lear è in pieno svolgimento. La figlia maggiore, di cui si vedono le stecche del busto, comincia a ballare davanti al re. Balla con passione. I cortigiani applaudono e cantano come durante i matrimoni ebraici. Ma improvvisamente uno dei cortigiani — con co razza e tuba in testa — si permette di compiere un’incredibile sfacciataggine: dare un pizzico sul petto alla principessa. Hocmach lo ha visto. Egli tira fuori la spada e si getta contro l’impertinente. Il duello è sanguinoso. Il re e il cortigiano danno spettacolo.
Il professore Retti è seduto nell’angolo dietro la quinta su un cavo bobinato ed ascolta, con la faccia tra le mani, la musica di Ratkowicz. Il ragazzo finisce di suonare. Il vecchio scopre il volto commosso. Balza su dal suo posto, e afferra Ratkowicz per la mano, lo trascina verso il grande calendario, stile ufficio, attaccato alla parete. Si vede la data: 19 agosto, giovedì, 1909. Indicando il calendario il vecchio dice:
La voglio come alunno e le giuro che fra tre anni lei sarà un grande artista...
Il calendario. Una mano alza lentamente le pagine e le volta.
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