Pagina:Baccini - Memorie di un pulcino, Bemporad & Figlio, Firenze, 1918.djvu/102

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po’ di sollievo a un malato, sento che morirei volentieri anche subito.

― Benone; questi sentimenti ti fanno onore! ― esclamò Cocò ― ma se invece la tua morte dovesse servire a soddisfar la gola, dico la gola, d’un mascalzone qualunque, moriresti con la stessa rassegnazione?

― No di certo, ma mi farei coraggio e penserei che per detto e fatto mio, il mascalzone passerebbe un bel quarto d’ora. Scusa; o che non è una bella cosa far del bene a tutti, anche a chi non se lo merita?

― Gran buon figliuolo! ― esclamò Cocò intenerito; ― se tu sapessi il bene che mi fanno le tue parole! È la prima volta, dopo le mie dolorose vicende, che trovo qualche conforto nelle parole dei miei simili.

― O bravo via! Ho proprio caro di averti sollevato un po’ lo spirito. Amici miei; ― seguitò l’allegro galletto, rivolgendosi agli astanti ― la mia ultima padrona era una donna grassa e fresca come una rosa; non aveva un pensiero al mondo, e se qualcuno le parlava di morire, rispondeva queste precise parole che ho tenuto sempre a mente, e delle quali v’esorto a far tesoro: «Io della morte non ho paura, perchè finchè ci sono io, non viene lei; e quando viene lei, vo via io.»

Una spontanea risata accolse le liete parole, e per quel giorno il buon umore regnò da sovrano nella pennuta conversazione.

Ma per il povero Cocò quelli erano lampi d’ilarità; lampi e nulla più. Il povero Cocò aveva un gran peso sul cuore; e se stava allegro un minuto o