Pagina:Baccini - Memorie di un pulcino, Bemporad & Figlio, Firenze, 1918.djvu/101

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delle volte lunghe lunghe, che durano degli anni; c’è chi ha male al petto, chi al capo, chi alle braccia, chi alle gambe, per fino a’ denti. A noi, bisogna convenirne, il buon Dio ce l’ha risparmiate queste malinconie, e per lo più arriviamo alla famosa allungatura di collo, sani e freschi come pesci.

Eppoi ce n’è un’altra: gli uomini, quando son morti, puzzano che mai, e son buttati a marcire nè più nè meno come i ciuchi e i cani. Noi altri invece siamo ripuliti, lavati e cotti con ogni cura, e portati in tavola in mezzo a brave salse e a bottiglie piene di vin buono.

― Sì! ma ci mangiano! — esclamò melanconicamente un piccione secco allampanato, a cui era morta pochi giorni avanti la moglie.

― Ci mangiano? ― proseguì allegramente il gallettino ― meglio così! Segno che siam buoni a qualcosa anche dopo morti, e questo è un privilegio di cui gli uomini almeno non si possono vantare. Ma anzi, guarda, dico male; anche loro sono mangiati.

― E da chi?

― Da’ bachi; sissignore, da’ bachi. Ora, sia detto qui fra noi, mi pare molto meglio essere sgranocchiati da’ bianchi dentini d’un bel fanciullo, che da quelle schifose bestiacce. Eppoi ne dimenticavo un’altra: quanti poveri malati si sentono riavere e guariscono, dopo aver preso delle belle chicchere di brodo buono!

E questo brodo, sono i nostri corpicini messi in pentola, che lo fanno sì buono e sostanzioso. Sentite veh, quando con la mia morte potessi allungare i giorni d’una povera vecchiarella o procurare un