Pagina:Baccini - Memorie di un pulcino, Bemporad & Figlio, Firenze, 1918.djvu/112

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Il mio uomo suonò replicatamente il campanello con un’impazienza che rivelava chiaramente esser egli il padrone di casa.

Gli venne ad aprire una bella donnetta, vestita alquanto alla buona, ma con scrupolosa nettezza.

— Gran gingillone! — esclamò essa sorridendo — il caffè e latte, a forza di bollire, è diventato un gocciolo. E poi c’è quella buona lana di Masino che non intende di andare a scuola, finchè non ha veduto le tue compre.

— Eh! eh! — fece sorridendo il mio padrone o dove si nasconde questo signorino?

— Eccomi, eccomi, babbo! — esclamò una fresca vocina, e dopo poco comparve un vispo ragazzetto dell’età del sor Alberto.

Entrammo in casa, in una calda stanzetta terrena, dov’era accesa una bella stufa.

Fui deposto a terra.

― Con un par di libbre di lesso, farà un brodo eccellente questo gallettino! ― esclamò il padrone, guardandomi con compiacenza.

A quelle parole Masino si curvò a terra e mi prese in collo con una cert’aria.... con una cert’aria, che mi consolò tutto.

Prese ad accarezzarmi, e mentre con la manina delicata mi lisciava le penne:

― Babbo, ― domandò sorridendo ― o il Ceppo me l’ha comprato?

― No, bambino mio, perchè avrei fatto troppo tardi: ci sarà tempo stasera, quando torno dall’ufizio.

― Scusi, babbo, quanto avrebbe idea di spendere per me?