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IV.

Disobbedienza.


Era verso la fine di una bella giornata d’ottobre.

Il sole era calduccino, non alitava, una foglia, e gli uccellini svolazzavano su per le viti, per veder di trovar qualche chicco d’uva rimasta a caso dopo la vendemmia.

I contadini con la Marietta erano in casa tutti affaccendati a preparare le stanze per l’arrivo di certi signori, che tutti gli anni venivano a passare qualche giorno al podere.

Seppi più tardi che que’ signori erano nientemeno che i padroni di quelle belle terre; seppi che erano tre, marito, moglie e un bambino, e che quest’ultimo con tutto che fosse ricco e vestito sempre all’ultima moda, era buono e senza superbia.

La giornata, come vi ho detto, era proprio bella; la mamma, però, non si sentiva troppo bene; se ne stava accovacciata nel pollaio, e ci aveva raccomandato fin dalla mattina d’esser buoni e assennati.

I miei fratelli erano sparsi per il campo, chi in cerca di qualche ghiotto bocconcino, chi per fare una girata: io ero solo solo e m’annoiavo. Di passeggiare non ne avevo voglia, di star fermo neppure; ero proprio irrequieto, e non vedevo l’ora che si facesse buio per andarmene a letto.

A un tratto un timido chicchirichì mi fece voltare, e mi vidi davanti il galletto della Lena, che