Pagina:Baccini - Memorie di un pulcino, Bemporad & Figlio, Firenze, 1918.djvu/82

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petto rosso e la testina di velluto nero; il cardellino dalle alucce macchiate di giallo, il lucherino che quantunque piccolissimo è pieno d’audacia: la cincia dal ciuffettino prepotente, l’allegra allodoletta de’ campi, il bruno usignolo dal canto melanconico e il pettirosso, che tiene in continuo moto il suo corpicino elegante.

— Vedi, mio bel gallettino, — mi diceva intanto Alberto con la sua dolce voce — quelle bestioline sono più disgraziate di te; almeno tu puoi girar dove vuoi; e, se ti prende vaghezza d’un fil d’erba o d’un seme, nessuno si opporrà al tuo desiderio: ma loro, poverini, non possono; non solo hanno dovuto lasciar come te la mamma, il babbo e il resto della famigliuola, ma anche gli spazi interminabili del cielo azzurro, le cime fiorite degli alberi e i verdi boschetti. Eccoli ora qui, chiusi per sempre in questo gran gabbione da cui non potranno mai più risalutare i loro bei paesi e i dolci nidi. Infelici animaletti! Se stesse in me, la libertà non avrebbero da sospirarla un pezzo, no! Ma come si fa! Le care creaturine sono proprietà del babbo, gallettino mio; egli ha spèso per essi molti danari e certo non vorrebbe disfarsene. Anch’io, quando sarò grande, comprerò degli uccellini, ma per dar loro la via; e il piacere che prova il babbo nel tenerli in chiusa, io lo proverò nel vederli rivolare a quel cielo per cui son nati. ―

Stavo attento attento a quelle benedette parole, allorchè venne a raggiungerci la signora Clotilde, che teneva per la mano un vispo e simpatico ragazzino.

Era un certo Guido Sani, amico di Alberto, che di tanto in tanto veniva a far visita.