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dei comuni 181

loro imperatore, dicono trascurasse pur troppo l’offerta del regno d’Italia fattagli da Gregorio. Quante belle occasioni perdute! Ad ogni modo, accorrendo ora Guiscardo con un grande esercito e suo gran nome, non fu aspettato dall’imperator dappoco, che risalí quindi in Germania, né dall’antipapa; ondeché egli entrò facilmente in Roma con sue bande, fra cui erano saracini, e si pose a ruba ed a sacco ed a fuoco la cittá; e si ricominciò, sollevatisi i romani, tre dí appresso. Cosí funestamente si trovò allora liberato il pontefice, e restituito in Roma mezzo distrutta. Quindi, fosse dolore di tal rovina, o timor degli instabili e compri romani, ei lasciolla con Guiscardo o poco dopo, e si ridusse con esso a Salerno. E mentre Matilde, raccolto un esercito contro all’imperatore, gli dava una sconfitta nel Modenese, e il Guiscardo tornava a sue imprese contro a’ greci, lo sventurato pontefice, forse aspettando miglior ventura, forse vinto, nell’anima no, ma nell’infermo corpo (gli uomini non son di ferro), si rimase tutto il resto di quell’anno e il principio del seguente 1085 a quel rifugio. Finché, peggiorato e richiesto di levar le numerose scomuniche da lui pronunziate, dicesi le levasse tutte, tranne quelle di Arrigo, dell’antipapa e de’ principali fautori di questo; ed interrogato di chi potesse essere, tra tanti pericoli, successor suo, dicesi ne nominasse tre, de’ quali due furono papi poi; e che esclamando: «Dilexi iustitiam, odivi iniquitatem, propterea morior in exilio», spirasse l’anima invitta. Niuno, ch’io sappia, fece il ritratto di lui cosí esattamente, com’egli in queste poche parole, che furono il grido ultimo di sua rettissima coscienza. Ad ogni modo, cosí cacciato di sua sedia egli che avea rimossi tanti vescovi dalle loro, cacciato da’ concittadini egli che avea sollevati tanti popoli, lasciando un antipapa nella Chiesa egli che avea voluto restaurare ed esaltare il papato, lasciando vittorioso l’imperatore da lui giá deposto e raumiliato, lasciando insomma fallite in apparenza tutte le imprese sue, morí non iscoraggiato il grand’uomo. E tutta quella turba di anime volgari devote della ventura, che attestano sempre la Providenza contro ad ogni malavventurato, videro forse allora il giudicio di Dio pronunciato contro alle imprese di Gregorio VII. —