abbiamo cosí ristretto a poche pagine questo
giá tanto, e forse troppo, breve sommario de’ fatti nostri. Sappiamo
restringerli anche piú nella mente nostra, sappiamo veder d’uno
sguardo le nostre sette etá, e discernere fra esse tre belle, grandi,
gloriose e virtuose, quelle dei tirreni ed altri popoli primitivi,
della repubblica romana e dei comuni; ed all’incontro, quattro brutte,
dappoco, corrotte e miserande d’ogni maniera, quelle dell’imperio
romano, de’ barbari, degli imperatori e re stranieri, e, quantunque
meno, essa pure quella delle preponderanze straniere. È ella caso tal
differenza? ovvero, ha ella cause moltiplici nelle diverse etá? ovvero,
forse una sola costante e comune? — Io vorrei non dirlo; i leggitori
saranno stanchi oramai di udirmi pronunciare in poche parole delle
maggiori questioni nazionali; e piú stanchi forse di udirmele risolvere
poco men che tutte in una sola conchiusione. Ma non è colpa di mia
volontá; sará forse del mio intelletto, se, quanto piú vario o combino
aspetti de’ fatti nostri, piú mi si riaffaccia quella conchiusione
stessa. E riaccolte qui in un pensiero le diverse etá di nostra storia,
io non so non vedere nelle tre grandi un medesimo fatto, nelle quattro
dappoco un medesimo difetto: il fatto o il difetto della indipendenza
rivendicata. E lascio trarre le conseguenze storiche od anche pratiche
a ciascuno. — E trentadue anni noi vivemmo d’allora in poi, il tempo
appunto che nelle storie si suol chiamar d’una generazione. E questo
è indubitabilmente principio d’un quarto periodo di quella lunga etá
delle preponderanze straniere. Ma appunto, una generazione non basta a
nominare, a qualificare un secolo, un periodo di storia; nome e qualitá
dipenderanno dalle due o tre generazioni che seguiranno, forse da una,
forse da questa che vien su dopo noi. Ad ogni modo, una distinzione
parmi potersi far giá in questi pochi anni, una quasi suddivisione di
capitoli della storia futura: noi avemmo un tempo di errori universali,
incontrastabili; ma mi par sorgere un tempo di ricominciati progressi.
Da principio, i principi italiani restaurati, chi piú chi meno,
restaurarono i governi antichi, quali ei li avean lasciati un quindici
o sedici anni addietro: non