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italiana, che durò diciotto mesi di matta letizia. Del resto, fu naturale; i miseri italiani non erano avvezzi piú oramai che a due serie d’idee e di fatti: congiure, repressioni, supplizi, esigli, e di nuovo congiure di tempo in tempo, teatri, canti, amoreggiamenti, feste ne’ tempi ordinari. E cessando i supplizi e lor paure, si precipitarono nelle feste. Accrebberle molti liberali per arte; volevano impegnar i principi, di che pur dubitavano; ed i settari ed altri repubblicani, che prevedevano non aver a rimaner contentati dalle riforme spontanee, apparecchiavano coi moti festosi quelli ostili della piazza. E questo, per certo, fu gran danno venuto da tale stoltezza delle feste, ma non il maggiore. Il quale fu, che questi miseri popoli italiani, disavvezzi, dico, da ogni civile opera politica o militare, se ne disavvezzarono sempre piú tra l’opera puerile delle feste, vi si contentarono, vi si sfogarono; non concentrarono, non risparmiarono, non serbarono all’occasione vera, seria, grave, fatale, tutti que’ pensieri, quelle passioni che non si concitano se non dopo frenate, che son necessarie a concitarsi fino all’ultima loro potenza, per produrre effetti buoni e durevoli. E gli italiani, sciupati, stemprati dalle feste, non ne seppero piú produr di tali; niuno grande, dico, pochi durevoli, molti piccoli: diversi dispersi, inutili o nocivi. Ad ogni modo, fu un vero baccanale di dimostrazioni festive nelle piazze, di festive passeggiate per le vie, banchetti in sale, banchetti all’aria, canto di giorno e di notte, dappertutto, cantate per li teatri, coccarde, nastri, bandiere, catene di pezzuole e veli femminili che si chiamavano d’«unione nazionale», o che so io; poesie, prose, vaneggiamenti, pazzie. — E ad ogni modo questo fu il séguito, la serie de’ fatti, la quale domando licenza di por qui cronologicamente, non soltanto per abbreviare a’ leggitori ed a me un’angosciosa fatica, ma perché parmi che riesca cosí piú chiaro, e quasi parlante da sé, il cenno di questi diciotto mesi, operosi se si riguardi indietro, sprecati in gran parte se si guardi innanzi, o, per parlar piú esattamente, produttori di libertá e di licenza; improduttivi di quell’indipendenza, che è anche piú da desiderarsi, dell’indipendenza che avrebbe dovuto esser la prima e la sola mira degli