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delle preponderanze straniere |
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trattiamo. E quindi non
solamente non avremo luogo qui a dir tutti i notevoli, ma nemmeno a
nominarli. Accenneremo cinque culminanti intorno a cui si rannoderanno
gli altri: Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Tiziano e Correggio. I
tre primi, e (se è vero che la purità e l’eleganza, cioè quella che
il Vasari chiama «virtú» del disegno, sia la somma dell’arte) i tre
sommi, usciron tutti di quella terra e scuola privilegiata di Toscana
ed intorno, che dicemmo culla dell’arti italiane. Nato Leonardo in
Vinci nel 1452, attese in gioventú all’arti cavalleresche, a tutte
quelle del disegno, a musica, a poesia, a matematica, a meccanica. È
uno di quegli esempi che ingannano a disperdersi molti ingegni anche
presenti, i quali non pensano quanto eccezionali sieno gli uomini
enciclopedici, e massime quanto impossibili nelle colture progredite.
Oltreché, Leonardo si fermò poi intorno a’ trentacinque anni nell’arti
del disegno: e vi giunse al colmo suo (e forse dell’arte) nella Cena
che fece a Milano per Ludovico il moro [dal 1494 al 1499], e cosí in
quella etá dove tanti altri giá incominciano a stancarsi e scendere. E
cosi egli fondò colà la scuola lombarda; in che si vide gran tempo alle
fattezze la figliazione fiorentina. Morí l’anno 1519. Furono in quella
scuola contemporanei, accerchiatori o seguaci di lui, Cesare da Sesto
[-1524], il Luini [-1534?], Gaudenzio Ferrari [1484-1550], Bernardino
Lanini [1578], Andrea Salai e parecchi altri minori. — Michelangelo
Buonarroti [n. 1474] fu anch’egli «pittor, scultor, architettor,
poeta», ma fin dall’adolescenza e nei giardini del magnifico Lorenzo
attese all’arti e sopra tutte alla scoltura. Spaziò poscia in tutte
e tre, vivendo e lavorando in Roma principalmente. Lasciolla una
volta per ira (egli avea del Dante, e fu detto tale nell’arti) contra
Giulio II, quell’altro iroso, quel Dante dei pontefici. E fuggito
a Firenze, poco mancò che le due ire non guastassero il papa e la
repubblica, non fossero uno di piú de’ turbamenti d’Italia. Un’altra
volta venuti i due alla ribelle Bologna, e vedendo il papa il modello
della propria statua apparecchiatogli da Michelangelo, e che questi gli
avea posto nella mano sinistra un libro: — Che libro? — disse, — ponmi
una spada, ché io non so lettere. — Poscia guardando la destra: