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RARTE SECONDA

ebbe fine. Onde Giulietta che tutta d’amor ardeva, sospirando e stringendo la mano, non ebbe tempo di fargli altra risposta se non che disse: — Oimè, che posso io dirvi se non ch’io sono assai piú vostra che mia ? — Romeo, partendosi ciascuno, aspettava per vedere ove la giovanetta s’ inviasse ; ma guari non stette che egli chiaramente conobbe che era figliuola del padrone de la casa, ed anco se ne certificò da un suo benvogliente dimandandogli di molte donne. Di questo si trovò forte di mala voglia, stimando cosa perigliosa e molto difficile a poter conseguir desiderato fine di questo suo amore. Ma giá la piaga era aperta e l’amoroso veleno molto a dentro entrato. Da l’altra banda Giulietta bramosa di saper chi fosse il giovine in preda di cui giá sentiva esser tutta, chiamata una sua vecchia che nodrita l’aveva, entrò in una camera, e fattasi a la finestra che per la strada da molti accesi torchi era fatta chiara, cominciò a domandarla chi fosse il tale che cosi fatto abito aveva e chi quello che la spada aveva in mano e chi quell’altro, ed anco le richiese chi fosse il bel giovine che la maschera teneva in mano. La buona vecchia che quasi tutti conosceva, le nominava questi e quelli, ed ottimamente conosciuto Romeo, le disse chi fosse. Al cognome del Montecchio rimase mezza stordita la giovane, disperando di poter ottener per sposo il suo Romeo per la nemichevol gara che era tra le due famiglie; nondimeno segno alcuno di mala contentezza non dimostrò. Andata poi a dormire, nulla o poco quella notte dormi, vari pensieri per la mente rivolgendo; ma distorsi d’amar il suo Romeo né poteva né voleva, si fieramente di lui accesa si trovava. E combattendo in lei l’ incredibil bellezza de l’amante, quanto piú difficile e perigliosa la cosa sua vedeva, tanto piú pareva che in lei, mancando la speranza, crescesse il disio. Cosi combattuta da dui contrari pensieri, dei quali l’uno le dava animo di conseguir l’ intento suo, l’altro del tutto ogni via le troncava, diceva bene spesso tra sé : — Ove mi lascio io da le mie mal regolate voglie trasportare? che so io, sciocca che sono, che Romeo m’ami? Forse lo scaltrito giovine quelle parole per ingannarmi m’ ha dette, a ciò che ottenendo cosa da me meno che onesta, di me si gabbi e donna di volgo