Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1910, I.djvu/266

Da Wikisource.

novella xxi 263

su questo fatto tutto il dí discorrendo e diverse imaginazioni facendo, non v’ho mai altro compenso saputo ritrovare, se non uno che assai piú di tutti gli altri mi va per la fantasia, che è che io me ne vada a la corte del nostro supremo signore re Mattia, dal quale giá io sono su le guerre conosciuto. Io non posso se non credere che da lui averò buona provigione e acquisterò la grazia sua, perciò che essendo egli liberalissimo prencipe ed amando gli uomini che il vagliono, io mi governerò di maniera che, col favore e cortesia di quello, potremo piú agiatamente vivere di quello che facciamo. E tanto piú in questa openione mi vado fermando, quanto che giá altre volte essendo io ai servigi del vaivoda de la Traselvania contra i turchi, fui dal conte di Cilia richiesto di mettermi in casa del re. Ma come io da l’altra parte penso di devervi lasciar qui senza la mia compagnia, non è possibile ch’io possa acquetar l’animo d’allontanarmi da voi, sí perché viver senza voi, che unicamente amo, non mi dá il core, ed altresí senza fine temo, veggendovi tanto giovane e bella, che io non ne ricevessi alcun disonore. Ché subito ch’io fossi partito, dubito che i baroni e gentiluomini de la contrada non si mettano con ogni loro sforzo per acquistare il vostro amore. Il che ogni volta che avvenisse, io come disonorato non potrei mai piú sofferire d’esser veduto fra uomini di valore. E questo è tutto il nodo che mi tien legato qui, di modo che non so né posso a’ casi nostri provedere. Avete adunque, moglie mia carissima, da me udita la cagione dei miei pensieri. — E cosí detto, egli si tacque. La donna, che era valorosa e di gran core e che il marito senza fine amava, come sentí quello aver finito il suo ragionamento, fatto allegro e buon viso, in tal maniera gli rispose: — Ulrico, — ché tale era il nome del cavaliere — io medesimamente piú e piú fiate ho pensato a la grandezza dei vostri e miei maggiori, da la quale parendomi che noi senza colpa nostra siamo assai lontani, mi andava imaginando che modo si potrebbe trovare a metterci meglio in arnese di quello che siamo. Ché se bene son donna e voi uomini diciate le donne esser di povero core, io vi ricordo che in me è il contrario e che ho l’animo assai piú