Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1910, I.djvu/42

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novella ii 39

e servendo senza mai aver premio si vede invecchiare. Vedi un altro dottissimo in qual si voglia scienza, e nondimeno in corte ei muor di fame, ove un altro ignorante e senza vertú è dal suo signore per appetito e non per merito fatto ricchissimo. Ma ciò avviene non perché al signor non piacciono gli scienziati e i vertuosi, che tuttavia si vede che molti ne favorisce ed essalta, ma perché il genio di quello non convien col suo, e, come si dice, i sangui non si confanno insieme. Quante volte avverrá che a caso sará uno da te veduto, che mai piú non vedesti, e nondimeno subito che lo vedi ti dispiace come il morbo e non puoi a modo alcuno soffrir di vederlo, e quanto piú egli cercherá farti servigio e piacere piú ti dispiacerá? Per il contrario poi vedrai uno che piú non l’hai veduto, ed in quella prima vista cosí ti sodisfá, tanto t’aggrada ed in tal modo ti piace, che s’egli ti ricercasse la vita propria tu non saperesti negargliela, e senti un certo non so che, che ti sforza ad amarlo, e se ben egli facesse cosa che contra il tuo voler fosse, il tutto sta bene. Chi di queste varietá mo sia cagione, se non un certo temperamento di sangue tra sé conforme da interna vertú celeste commosso, chi lo sa? È ben vero che ne le cose de le corti si può trovare qualche fondamento di ragione di queste mutazioni, e questo è il pungente e velenoso stimolo de la pestifera invidia, il quale di continuo tien i favori del prencipe su la bilancia, ed in un momento alza chi era basso e abbassa chi in alto si trovava, di maniera che ne le corti non ci è peste piú nociva né piú dannosa del morbo de l’invidia. Tutti gli altri vizi molto agevolmente e con poca fatica in chi gli ha si curano e quasi si pacificano, di modo che non ti offendono; ma l’invidia con che via, con che arte e con qual medicina acqueterai? Veramente senza il proprio tuo danno non so come gli invidiosi acuti morsi potrai giá mai fuggire. Dammi in corte un superbo, gonfio, ambizioso e piú elato d’animo che la superbia istessa; se gli fai riverenza come lo vedi, se l’onori, se gli cedi, se lo levi lodando al cielo ed essalti e seco fai l’umile, subito t’è amico e ti predica per un cortese e gentil cortegiano. Dammi un lascivo e ai piacer de le donne dedito e ch’altro non brami che